Avevamo già avuto modo di segnalare in precedenti comunicazioni su quanto l’ISEE, fino al 2014, fosse stato, pur con le migliori intenzioni, un sistema che in gran parte aveva l’effetto di amplificare una delle più ingiuste diseguaglianze del nostro paese: quella che deriva dall’evasione fiscale.
E poiché il tasso di evasione fiscale, come ci segnala Banca d’Italia, è nullo per dipendenti e pensionati ed altissimo per autonomi e per chi vive di rendita, il metodo di calcolo del valore ISEE si risolveva in un ulteriore spostamento di risorse (direttamente o attraverso i servizi) dai redditi fissi agli “autodichiaranti”.
Una indagine di www.fiscoequo.it, a gennaio 2014, stimava, per difetto, che oltre il 20% degli Isee non trovassero corrispondenza nelle condizioni reali di ricchezza del nucleo familiare e pertanto circa 2 miliardi di euro (sui 10 complessivi), trasferiti in denaro o prestazioni alle famiglie attraverso l’indicatore, andavano a nuclei che probabilmente non ne avrebbero avuto diritto.
Si assisteva infatti ad una “evasione sull’evasione”, nella dichiarazione di redditi e patrimoni. Era infatti possibile che un evasore il cui reddito fosse 100 ma che aveva dichiarato al fisco 40, potesse, in sede di dichiarazione ISEE, dichiarare 10, e in questo modo ottenere una posizione alta in graduatoria.
E la mancanza di controlli preventivi sul patrimonio permetteva addirittura di omettere del tutto il possesso di conti correnti bancari. Può sembrare una assurdità, ma fino allo scorso anno i dati del Ministero riportano che il 73,7% di chi ha presentato DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) ha dichiarato di non possedere un conto corrente.
Sempre in merito al patrimonio, il mancato incrocio automatico coi dati del catasto, oltre all’antico problema del mancato aggiornamento delle rendite catastali, rendeva possibile l’evasione e disegnava un valore patrimoniale non aderente alla realtà.
Dal 2015 il DPCM 159/2013 ha inserito alcuni controlli automatici.
In particolare, per rafforzare i controlli sono state apportate rilevanti modifiche alle modalità di dichiarazione, e tra i dati da autocertificare non sono più incluse le informazioni sui redditi, che sono invece gestite attraverso l’incrocio delle banche dati dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS. In pratica il controllo sul reddito dichiarato è immediato, in quanto questo è già conosciuto (se non addirittura erogato) dalla Pubblica Amministrazione, che può quindi pescare tra i dati già in suo possesso. Inoltre, per il patrimonio mobiliare, nel 2015 si è provveduto ad incrociare i dati dichiarati con quelli riscontrabili nell’anagrafe dei conti correnti, al fine di verificare quantomeno l’esistenza di rapporti. Dal 2016 dovrebbe essere possibile anche ricavare la giacenza media. Rimangono purtroppo intatti i limiti in merito alla valutazione del patrimonio immobiliare.
Pubblicate in Gazzetta il 24 gennaio 2014, le nuove modalità di calcolo dell’indicatore sono diventate operative a partire dal gennaio 2015 e questo spazio di tempo ha indirettamente agevolato la predisposizione delle applicazioni informatiche e il relativo collaudo di quanto previsto, al netto delle iniziali, inevitabili difficoltà.
La “Direzione Generale per l’inclusione e le politiche sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali” ha pubblicato il 28 ottobre scorso il documento: “Il nuovo Isee – Monitoraggio del primo semestre”. Il documento è consultabile sul sito del Ministero all’indirizzo: http://www.lavoro.gov.it/Strumenti/StudiStatistiche/Documents/isee_2015_qsr35_finale.pdf.
Quello che più stupisce nei risultati illustrati nel documento è l’efficacia delle nuove modalità di controllo che probabilmente ha modificato una buona parte della platea dei dichiaranti ISEE, e stravolto la composizione reddituale, con sicure conseguenze redistributive per i beneficiari.
Colpisce innanzitutto la riduzione delle DSU, ovvero delle stesse richieste di prestazioni agevolate per situazione economica. Nel primo semestre sono state presentate il 76% delle dichiarazioni rispetto all’anno precedente, segnale inequivocabile che anche solo l’annuncio di controlli preventivi e l’incrocio dei dati già in possesso delle amministrazioni funge da deterrente per le richieste improprie.
Da tempo sosteniamo che in Italia esiste una buona fetta di contribuenti che nasconde al fisco una grossa parte del proprio reddito e destina i proventi dell’evasione all’accrescimento del proprio patrimonio.
L’annuncio dell’incrocio delle DSU con l’anagrafe dei conti correnti ha ridotto i dichiaranti che negavano di possedere un conto corrente dal 73,7% al 18,9%, ed il valore medio del patrimonio mobiliare è passato da circa 4.000 ad oltre 9.000 euro. Questo ridimensionamento lascia intendere quanto, in passato, prestazioni agevolate e contributi fossero appannaggio di contribuenti disonesti che attraverso l’evasione (che distrae risorse dal sistema produzione-investimento-redistribuzione) accumulavano patrimoni (per lo più improduttivi) che poi potevano bellamente permettersi di non dichiarare in fase di richiesta ISEE, certi dell’impunità, e senza alcuno scrupolo di togliere servizi a nuclei familiari più bisognosi. In pratica per anni sono stati premiati con prestazioni agevolate pagate dalla collettività dei veri e propri drenatori di risorse della collettività stessa.
In generale il patrimonio, nelle dichiarazioni 2015, ha aumentato il suo peso in rapporto al reddito, che passa, sul totale, dall’87,6% all’81,8% con corrispondente aumento del peso del patrimonio dal 12,4% al 18,2%.
Man mano che i controlli automatici si affineranno, in particolare con la valorizzazione delle giacenze medie, la fotografia della ricchezza della famiglia si avvicinerà sempre di più alla realtà.
Dal punto di vista dell’equità il fattore fondamentale di successo di questa legge sta sopratutto nel corretto uso delle tecnologie e delle banche dati disponibili. In particolare va a merito del nuovo DPCM l’aver previsto l’utilizzo dell’Anagrafe dei conti, gestita dall’Agenzia delle entrate, per valutare la consistenza del patrimonio mobiliare.
I notevoli avanzamenti ottenuti dalle nuove norme sono la dimostrazione di quanto la tecnologia e l’incrocio automatico delle informazioni siano prima ancora che strumenti di lotta all’evasione fiscale un efficacissimo modo per aumentare la compliance, l’adesione spontanea, scoraggiando sul nascere buona parte dei tentativi evasivi.
Crediamo che la contrattazione sociale territoriale sia un punto di vista privilegiato per intraprendere, anche come sindacato, una importante lotta all’evasione fiscale.
Invieremo a breve le proposte antievasione elaborate nel Laboratorio delle Politiche fiscali Cgil, ma pensiamo che all’interno di quel quadro più ampio, sia necessario ritagliare un ruolo alle realtà locali per combattere questo antico male del nostro paese che è tra le cause dell’imponente debito pubblico, della forbice di diseguaglianza e dello spostamento di risorse dal circuito della produzione verso la patrimonializzazione improduttiva.
Già nella bozza di regolamento ISEE redatta dall’area contrattazione della Cgil Nazionale era previsto un intero capitolo sul tema dei controlli.
Crediamo che ci possano essere ampi margini già in due voci ivi previste, ovvero nell’utilizzo del corpo della Polizia Municipale e nelle convenzione con la Guardia di Finanza, attraverso cui è possibile individuare discrasie tra la situazione economica descritta nella DSU e lo stile di vita manifestato -e nessuno più di un’ente di prossimità come il Comune ha la possibilità di avvertire questa eventualità, che può poi espandersi fino ad un vero e proprio controllo degli agenti della GDF nei casi più conclamati che richiedono maggiore accuratezza.
Molto può inoltre essere fatto in ambito comunale per le locazioni in nero attraverso protocolli con le università laddove presenti, attraverso gli incroci delle utenze, attraverso la verifica fisica di quanto una casa che risulti “a disposizione” sia effettivamente sfitta.
Concludiamo rilanciando, nel solco dell’effetto dissuasivo e di aumento della compliance già verificato in esperienze territoriali, la proposta di affiancare alla dichiarazione DSU l’autorizzazione da parte del dichiarante alla possibilità di controlli dell’amministrazione finanziaria su redditi e patrimoni dichiarati anche a scopo di controllarne la veridicità.
L'articolo Il primo semestre di applicazione del nuovo ISEE: la dimostrazione che l’evasione non solo si può battere, ma addirittura prevenire. sembra essere il primo su CGIL.